Alla morte del padre, Daniele Incalcaterra eredita 5000 ettari di terreno in uno degli ultimi luoghi al mondo che abbiano resistito alla conquista dell’uomo: il Chaco paraguyano.
Provincia di Neuquén, Patagonia argentina. La Zanon, fabbrica di ceramiche creata durante gli anni della dittatura usando fondi pubblici mai restituiti e cresciuta sotto gli auspici del governo Menem, chiude i battenti nel 2000, adducendo la crisi del mercato come causa principale.
A Vallegrande, sulle montagne boliviane, un piccolo gruppo di documentaristi europei segue le ricerche di un team di antropologi cubani, decisi a ritrovare il luogo dove sono sepolte le spoglie del rivoluzionario argentino Ernesto Che Guevara.
Due magistrati del pool di Mani pulite: Piercamillo Davigo e Antonio Di Pietro; due candidati alle elezioni: Gianni Pilo, direttore dell’istituto di sondaggi Diakron, l’uomo che con le sue analisi fu una delle figure-chiave del successo berlusconiano e un operaio ex comunista dell’Alfa Romeo, Alvaro Superchi.
Nel 1989 il presidente argentino Menem emana un indulto e tutti i membri dei principali gruppi rivoluzionari e gli esponenti della dittatura militare che si sono macchiati di crimini come la tortura e l’assassinio politico vengono scarcerati.
3 agosto 1990, Mosca dalle ore 17:00 alle 18:00. In un unico incalzante piano sequenza il regista documenta frammenti di vita quotidiana durante l’ultimo anno del governo di Mikhail Gorbaciov.
Bolivia, Centro di detenzione La Granja. Un folto gruppo di giovani schierati in fila intona un canto sulla vita da detenuto. Sono ex tossici costretti a lavorare per i grandi coltivatori di coca.
Un’incursione nell’adolescenza. I giovani del Liceo sperimentale di Vanves studiano, fumano, rispondono alle domande degli adulti («Che cosa hai fatto oggi?»), mettono in scena rituali, violazioni delle regole, azzardano percorsi di conoscenza.
«Ci sono troppi migranti in Francia» dice scherzosamente Snoussi agli avventori di un bistrot parigino. E quando alcune turiste straniere lo interrogano sulla ragione per cui viene pedinato dalla macchina da presa, risponde semplicemente: «È la mia vita».
Visita a un ospizio per sole donne, al limite estremo della vecchiaia e della malattia. Le cure degli infermieri, gli interventi dei sanitari di fronte alla questione dell’accompagnamento alla morte «che in Francia non si pone» come spiega un medico.