Il paesaggio di un parco fluviale sospeso nella quiete. Tra le anse verdeggianti si aprono radure in ombra mentre le foglie degli alberi più alti splendono contro la luce del sole. Si sentono richiami e canti di uccelli mentre il Ticino scorre frusciando leggero quando lo si sente da dentro il bosco, molto più intenso se lo si avverte dalla riva o dall’interno del letto petroso. Lo sguardo percorre la radura senza mai poter abbracciare l’insieme degli elementi e il loro divenire continuo in una stessa immagine. Il gesto di filmare è essenziale per cogliere l’insieme percettivo di un luogo. Tutto attorno non c’è presenza umana ma di tanto in tanto, tra le foglie, spuntano oggetti d’uso domestico forse dimenticati nel tempo, una piccola anfora, un piattino decorato. L’artefatto irrompe nella natura come a suggerire che anche il paesaggio, in fondo, è una costruzione.
Gaia Giani (Milano, 1971) lavora come fotografa e talvolta sente la necessità di raccontare le sue storie come filmmaker. Dopo la laurea in filosofia con una tesi di Estetica sul Tanz-Theater di Pina Bausch si trasferisce a Londra. Rientra in Italia nel 2001 e inizia a collaborare come aiuto regista e producer di documentari. Tra i suoi lavori, Cesura (2009); Un/limited Love (2015); Solo (2015) e La zona oscura - L'età bambina (2017) entrambi questi ultimi presentati a Filmmaker. Come fotografa ha partecipato con Nel niente del venerdì alla mostra collettiva curata da Gianni Romano, The future of Italy (Mudec, 14/21 ottobre, 2015). Ha realizzato Il cinema indipendente italiano (2010), una serie di ritratti di registi indipendenti italiani (a cura di Luca Mosso) in collaborazione con Filmmaker. Ha curato la mostra fotografica You and Me and Everyone we know - Festival della fotografia etica di Lodi (2012) e il progetto Il futuro era ora (2016) sulla scuola Lombardo Radice di via Paravia a Milano, dove il 97% degli iscritti sono figli di migranti.