Il bondage è una pratica che permette di esplorare i recessi del desiderio sul confine tra eros e thanatos. “A me piace farmi legare, legare qualcuno e legare me stessa: sono tre diversi stati mentali” spiega una delle testimoni che guidano Lo spazio delle corde nei meandri di questo universo. Tanto quando la parola nella psicoterapia, la corda è nel BDSM non solo strumento di piacere ma viatico per un percorso di crescita emotiva e di liberazione. Mentre nodi fisici si stringono attorno al corpo, nodi metaforici sembrano sciogliersi e rilasciare tensioni, energie trattenute, segreti che pesano. “Le corde sono un modo per mettersi a nudo”, spiega Ilaria, che facendosi legare sgombera la mente dai pensieri quotidiani, perde il controllo e riesce a giungere “al nocciolo delle cose”. Cindy, Ilaria e Coldeyes: tre giovani donne molto diverse tra loro ma accomunate dalla passione per le funi e legate ad Andrea detto La Quarta Corda, maestro secondo cui: “Tutti noi abbiamo paure, timori, insicurezze, vissuti che ci tormentano. Attraverso le corde è possibile lavorarci insieme in un contesto controllato e uscirne più forti di prima”. Mostrando sessioni private o esibizioni pubbliche, il film segue l’intrecciarsi di emozioni contrastanti sul filo sospeso del tempo.
Caterina Ferrari (Novara, 1989) ha frequentato il corso di Arti visive allo IUAV di Venezia. Ha continuato i suoi studi a Milano, alla Civica scuola di cinema Luchino Visconti, concentrandosi sul documentario. Con La Gabbia (2017), cortometraggio sulle MMA (Mixed Martial Arts) sviluppato all’interno del laboratorio produttivo In Progress, ha partecipato a Visions du Reél e a Filmmaker 2017, dove ha vinto il premio Movie People e nel 2018 ha presentato fuori concorso a Filmmaker il mediometraggio Il villaggio.