A Jesi, un gruppo di donne eterogeneo per età e origini segue corsi di italiano per stranieri tenuti da insegnanti madrelingua. Nelle aule in cui si ritrovano per qualche ora a settimana risuonano ininterrottamente accenti diversi, domande, risate miste ai pianti dei bambini piccoli che le allieve non possono lasciare a casa. A ogni incontro si apprendono nuove parole e ogni nuova parola è un luogo di confronto tra visioni e vissuti: per esempio, parlare di “libertà” a ridosso del 25 aprile diviene un’occasione per conoscere le date in cui nel Paese di provenienza di ciascuna si festeggia la liberazione, chi dall’occupazione coloniale, chi dal giogo di un regime dittatoriale. E parlare di libertà, in fondo, significa confrontarsi con un bene strettamente connesso con l’esercizio della parola. Imparare a esprimersi nella lingua del Paese che le accoglie significa infatti per queste donne, come per chiunque impari una lingua straniera, moltiplicare le proprie possibilità d’azione e di movimento, poter condividere e far valere la propria opinione, partecipare più attivamente alla vita famigliare e sociale. Inoltre, tanto nell’apprendimento di una lingua quanto nel suo insegnamento, c’è sempre in gioco un movimento verso l’alterità, un tentativo d’incontro, un esercizio di traduzione in cui sentimenti ed esperienze si trasformano in simboli e strutture, in un codice di accesso a un mondo sconosciuto, a una vita nuova.
Perla Sardella (Jesi, 1991) è artista visiva. È laureata in Cinema e Video all’Accademia di Belle Arti di Brera e in Arti Multimediali alla NABA di Milano. La sua ricerca si sviluppa nell’ambito della fotografia e dell’immagine in movimento. Ha esposto in gallerie d’arte italiane ed europee (The Wrong Digital Art Biennale, Mulhouse Biennale de la jeune création, AOCF58 Galleria Bruno Lisi Roma) e alcuni suoi cortometraggi sono stati proiettati in festival tra Italia, Europa e Stati Uniti (Torino Film Festival, Festival del Nuovo cinema di Pesaro, Stuttgarter Filmwinter, Columbia University).