«Guardando i materiali che ho girato decenni fa sono rimasta scioccata. Avevo davvero potuto dimenticare come le emozioni vengono manipolate dai populisti?».
1986, Ruth Beckermann è in piazza a Vienna insieme agli attivisti che contestano la candidatura alla presidenza di Kurt Waldheim e documenta gli eventi di quei giorni. «No a Waldheim, no a Waldheim» grida la folla. Cosa era accaduto? Su che era inciampata la corsa di una figura così prestigiosa nella vita politica austriaca e internazionale, ministro degli Esteri e Segretario generale delle Nazioni unite per due mandati?
Il settimanale austriaco «Profil» aveva denunciato i legami di Waldheim con il nazismo fino allora attentamente omessi. A queste rivelazioni si erano aggiunte nuove accuse avanzate dal World Jewish Congress (Congresso Mondiale ebraico, ndr) che grazie a un'inchiesta portata avanti con i giornalisti del «New York Times» era risalito alla sua militanza attiva nelle SA, i reparti paramilitari del partito nazista. E alla sua presenza sul fronte in Jugoslavia, soprattutto in Grecia, a Salonicco, da dove partivano le deportazioni verso Auschwitz. Nella sua biografia ufficiale però Waldheim - che ovviamente negava tutto - aveva raccontato di essere stato ferito nel '42 e da allora di non avere mai più combattuto.
L'Austria si divide tra chi rifiuta la sua candidatura e i sostenitori della sua innocenza in uno scontro che rivela le crepe nella sua narrazione rispetto al nazismo. Quell'immagine di un Paese vittima innocente dei nazisti si sgretola nel sostegno a Waldheim che dichiara il negazionismo della classe politica, l'antisemitismo diffuso - specie negli attacchi a chi lo critica - il patriottismo, tutti elementi che permetteranno la sua elezione.
Ma come è stato possibile che nessuno si fosse mai accorto del passato di Waldheim? E se questo per l'Austria coincideva con una pratica di rimozione, che dire rispetto alla comunità internazionale? Kohl in Germania si era schierato con lui e così Reagan - anche se poi l'America vieterà l'ingresso a Waldheim presidente.
A partire dagli archivi personali, a cui si aggiungono materiali televisivi internazionali, Beckermann - che è anche voce narrante - costruisce una riflessione sull'identità collettiva di una nazione, l'Austria, che ha rimosso le proprie responsabilità. E nell'alternanza di “menzogna” e “verità” interroga al tempo stesso la storia e la politica internazionali proseguendo quel suo lavoro di ricerca nello spazio della memoria e tra le sue amnesie che non ha mai smesso di illuminare. (Cristina Piccino)