Il mistero del corpo come significante di grazia e bellezza si disvela attraverso le attività di una scuola di circo. Lo sguardo del regista si sofferma sull’individualità del movimento e sugli esercizi affrontati dalle bambine e dai bambini, alla prova della fatica e delle difficoltà. 

Il risultato eccede la somma delle parti nel microcosmo della scuola: ascoltiamo accenti stranieri, cogliamo provenienze diverse ma il dato concreto è trascinato via da un flusso che tutto avvolge sull’onda delle note. Il titolo è tratto da un libro di Bruno Schulz, nel quale lo scrittore polacco si interrogava sulla possibilità di un’epoca in cui l’intero genere umano tornava a essere bambino. Se durante gli esercizi una guida adulta c’è, imponendo ritmo e istruzioni, cogliamo invece l’espressione infantile nei disegni, potenti nella loro semplicità. I corpi sono comunque al centro dell’indagine, occupano lo spazio con le loro incertezze e i loro slanci in un tempo finalmente declinato al presente, foriero di protezione e raccoglimento, il resto del mondo con le sue complicazioni rimane all’esterno.