I giardini di Walton, la pellicola Infrared che i militari usano in Vietnam per scovare i nemici nei tunnel di Cu Chi, le pecore, i laghi alpini, gli uccelli che migrano: le immagini si sovrappongono a due voci che raccontano in apparenza la stessa storia, un grido disperato di protesta e una lotta che diventa violenza. Piano piano la tensione si fa danza rituale, quasi il movimento di uno sciamano nel quale affiora il ritratto di una generazione spossata in partenza, stanca e arrendevole: una generazione postuma a se stessa, nata già superstite e imprigionata nel limbo dell’irresolutezza.

Lungo i bordi delle parole il vissuto personale si intreccia a quello collettivo, narra una storia di utopie mancate, di desideri, vuoti, improvvise epifanie. Dove ritrovarsi? Lungo quali traiettorie reinventare le proprie esistenze? Realtà e fantasia si intrecciano, si inseguono sorprendendosi reciprocamente: è forse un sogno, o una paura profonda, lo spaesamento di avere perduto qualcosa di prezioso per sempre. Le immagini rivelano bellezza, serenità, allegria, in contrasto con l'irrequietezza sentimentale delle parole. Intorno il paesaggio invita a perdersi, o è forse semplicemente la scoperta di un altrove?