Il nevrotico desiderio di appagamento tramite il cibo ha raggiunto una nuova dimensione grazie alle applicazioni di delivery. Scorrere una galleria virtuale con le infinte proposte culinarie è come fare un giro per le vetrine, è una promessa di felicità che la merce poi difficilmente soddisfa. Tutto però avviene nel proprio telefono, in pochi secondi, senza percezione dell’intero processo e degli attori coinvolti.
J’ai faim ci fa percorrere invece il percorso dall’inizio alla fine, senza mostrarcelo in immagine – vediamo solo l’interfaccia di uno smartphone, negandoci la visione come di fatto accade nella realtà – ma affidandosi al suono per tracciare tutti i passaggi. Dall’ordine veniamo catapultati in una cucina asiatica, per poi osservare il tragitto del rider, anch’egli possiede un voto e delle recensioni come se si trattasse di un paio di scarpe. Due minuti per le strade di Parigi e il cibo è arrivato, pronto per la consegna.
Il film mostra la schizofrenia dei processi in cui le piattaforme digitali ci hanno immerso, la totale soppressione dei rapporti umani per le commissioni più comuni, l’equiparazione tra un lavoratore e un oggetto – perché, come viene ricordato, l’unica libertà che offrono i servizi di consegna è quella di sfruttare. Le pietanze rimangono lì, appena assaggiate, ciò che conta è il loro carattere invitante, il girare a vuoto di una profittevole macchina del desiderio.
Martina Melilli (Piove di Sacco, 1987) è un'artista visiva che si è formata tra l'Italia e il Belgio. Il suo cortometraggio Il quarto giorno di scuola (2015) ha avuto la prima all’International Rotterdam Film Festival nel 2016, per poi viaggiare in Albania (DocuTIFF), Italia (Lago Film Festival, Milano Film Festival), Argentina (CineMigrante), Messico. È la vincitrice dell’edizione 2017 di Artevisione, progetto a sostegno dei giovani artisti a cura di Sky Academy e Careof, con il film Mum, I’m sorry. Nello stesso anno Filmmaker presenta, fuori concorso nella sezione Prospettive, Italian african rhyzome. A coreography for camera (+voice).
Nel 2018 viene presentato al Festival di Locarno il suo primo documentario di creazione, My home, in Libya. Nel 2020 realizza il corto Assembramento, parte del film collettivo Le storie che saremo, presentato in anteprima all’interno del festival Archivio Aperto.