“La mia anarchia personale mi ha sempre aiutato a sopravvivere e la macchina da presa per me è un'arma che serve non a nascondersi ma a combattere per un'idea”. Così Lech Kowalski presenta il suo prossimo film, che sta girando nella Francia della pandemia. Un'idea nata all'inizio del primo lockdown per confrontarsi con quanto accade a Parigi, ma che potrebbe accadere in qualsiasi altro luogo del mondo. In questo estratto, il regista amico del nostro Festival - dove è stato protagonista di una retrospettiva, e dove presenta quest'anno il suo nuovo film, C'est Paris aussi, nel concorso internazionale - dà voce a alcuni cittadini: i sentimenti tra ansia, preoccupazione, rabbia, sfiducia verso i governi rispecchiano la condizione comune al nostro presente.

 

Lech Kowalski (Londra, 1961) cresce a Utica (New York) e gira il suo primo documentario - Sex Stars, sugli attori del porno - nel 1977. A New York lavora con Shirley Clarke e filma nel corso degli anni l'esplosione e la “caduta” del fenomeno punk con progetti come D.O.A. (1981), Born to Lose: The Last Rock and Roll Movie (1999) e Hey! Is Dee Dee Home? (2002). Gringo viene proiettato nel 1985 alla Berlinale. Ha filmato gli homeless del Lower East Side (Rock Soup, 1991, menzione speciale al Sundance), i giovani anarchici di Cracovia (The Boot Factory, 2002) e gli orfani di Kabul (Charlie Chaplin in Kabul, 2003). In East of Paradise (2005), miglior film della sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia, la madre di Kowalski Maria Werla racconta la sua esperienza nei gulag sovietici agli inizi della seconda guerra mondiale. Nel 2014 Filmmaker gli ha dedicato una retrospettiva dal titolo: Camera Gun. Il cinema ribelle di Lech Kowalski. Nel 2017 I Pay for Your Story ha vinto il concorso internazionale di Filmmaker, e nel 2019 On va tout péter ha vinto il secondo premio.