“Voglio vedere quello che vedi tu” è la frase che ci “accoglie” nel film. Il temporale e un cielo limpido nel deserto. La tazzina dell'espresso e la tazza del caffè americano: tra le immagini e la vita che provano a catturare ci sono, come scopriamo presto, 10mila chilometri di distanza. 132 Moons ci porta nel tempo dell'attesa, in una relazione che nella materia impalpabile del film si allarga: si fa racconto per noi spettatori e, soprattutto, riflette il nostro bisogno, ancora più prepotente in questa inedita esperienza di lockdown, di ritrovare il mondo. Come incontrarsi? Dove apparire fisicamente, per rompere l'assenza forzata, divenuta suo malgrado fantasmatica, del desiderio?
Il dialogo privato si snoda lungo i giorni: chi è il misterioso interlocutore? É vero? Poco importa. Lo scambio è narrazione, messa in scena di una possibilità: è lì che Gaia Giani ritrova, forse nella stessa distanza, Lee Anne Schmitt; le aveva scritto per la “Corrispondenza”, anche lei è lontana, in quegli stessi diecimila chilometri. Le immagini sono il loro spazio condiviso di vissuto, di ansie, di domande, di incertezze, di quotidiano. Riescono a dire un sentimento comune, in cui riconoscersi e insieme inventare una visione della realtà.
Gaia Giani (Milano, 1971) lavora come fotografa e talvolta sente la necessità di raccontare le sue storie come filmmaker. Dopo la laurea in filosofia con una tesi di Estetica sul Tanz-Theater di Pina Bausch si trasferisce a Londra. Rientra in Italia nel 2001 e inizia a collaborare come aiuto regista e producer di documentari. Tra i suoi lavori, Cesura (2009); Un/limited Love (2015); Solo (2015) e La zona oscura - L'età bambina (2017) entrambi questi ultimi presentati a Filmmaker. Come fotografa ha partecipato con Nel niente del venerdì alla mostra collettiva curata da Gianni Romano, The future of Italy (2015). Ha realizzato Il cinema indipendente italiano (2010), una serie di ritratti di registi indipendenti italiani (a cura di Luca Mosso) in collaborazione con Filmmaker. Ha curato la mostra fotografica You and Me and Everyone We Know - Festival della fotografia etica di Lodi (2012) e il progetto Il futuro era ora (2016) sulla scuola Lombardo Radice di via Paravia a Milano, dove il 97% degli iscritti sono figli di migranti. You Sleep Like a Stone (2019) è stato presentato a Filmmaker.