È una bolla fuori dal tempo e dallo spazio “comune” quella in cui vivono Damien e sua mamma Ysma in un piccolo paese della Vallonia. “Faccio una vita a parte” dice l'uomo alla sua psicanalista: ha appena cominciato a vederla perché vuole riuscire a sconfiggere la dipendenza dall'eroina che lo affligge da più di vent'anni. Con sua madre ha un rapporto intenso, di profondo amore ma anche questo è una forma di dipendenza: in qualche modo il loro legame perpetua e riproduce le dinamiche in cui Damien si sente intrappolato, quella bolla dentro la quale è impossibile esercitare la propria volontà. Ysma si preoccupa se non vede il figlio troppo a lungo, lo cerca, insieme parlano della situazione, dei problemi di Damien, di un futuro di libertà che si sposta sempre di un giorno più in là. Ma è come se tutto si fosse fermato dentro un momento sulla linea del tempo, diventato eterno - forse gli anni della giovinezza in cui è cominciata la dipendenza di Damien, che sembrano non passare anche in tutto ciò che circonda lui e la madre: curriculum scritti a mano, il mangianastri su cui l'uomo ascolta le registrazioni della sua infanzia, la tv a tubo catodico sulla quale Leonard Cohen recita i versi di una sua canzone: “I'm held in the chains of my secret life” - sono prigioniero delle catene della mia vita segreta. Una vita osservata dalla regista Paloma Sermon-Daï, che però ne è anche parte: è la sorella di Damien, pur non condividendone il cognome che dà il titolo al suo film: “I piccoli Samedi” era infatti il soprannome dato in paese a lui e ai suoi fratelli quando erano bambini, in un tempo mai diventato passato.
Paloma Sermon Daï (Namur, 1993) ha studiato all' Athénée Royal Jean Tousseul di Andenne, ed è laureata in tecniche cinematografiche alla Haute École Libre de Bruxelles Ilya Prigogine. Esordisce nel 2017 con il cortometraggio Makenzy, il racconto di due bambini in una giornata di primavera.