Per la prima volta arriva a Filmmaker Sergei Loznitsa, fra le voci più conosciute apprezzate del nuovo cinema ucraino.
Siamo felici che questa prima volta sia con The Natural History of Destruction, film profondamente pacifista nel suo voler porci davanti ad alcuni degli interrogativi mai sciolti dell’umanità. Presentato negli Special Screening del Festival di Cannes, The Natural History of Destruction è il nuovo metodico e inesorabile viaggio del regista ucraino nel vastissimo mondo dei materiali d’archivio – su cui torna dopo Austerlitz (2014).
Seguendo e ispirandosi all’omonimo libro di G.W. Sebald, Loznitsa ripropone le domande che lo scrittore tedesco già riportava all’attenzione del pubblico nel 1999: cosa è bene e cosa è male? È moralmente accettabile colpire la popolazione civile durante una guerra, se fatto in nome di ideali più alti?
La risposta viene lasciata allo spettatore, mentre davanti alle immagini d’archivio non si può non pensare a quelle più recenti, viste in tv o online. I materiali, provenienti, tra gli altri, dall’Imperial War Museum, da Progress.film e da British Pathè, nelle sue mani si trasformano in un oggetto intellettualmente e politicamente provocatorio, esteticamente affascinante ed emotivamente vicinissimo. A tratti anche ipnoticoe astratto, dimostrando un controllo assoluto sul montaggio delle riprese d’epoca.
Senza dare appigli cronologici, guide o commenti a chi guarda, Natural History of Destruction si apre su palazzi borghesi, chiese, le strade affollate -istantanee di una società civile e benestante. Squarci di vita quotidiana della popolazione tedesca che potrebbero essere quelli di una qualsiasi nazione, che i posteri non hanno ancora giudicato come innocente o colpevole. Il contesto perde di importanza, e l’interrogativo si fa assoluto, travolgendoci in tutta la sua potenza: la distruzione di massa è in qualche modo giustificabile?
In questo film il regista di The Trial ci ricorda ancora una volta che siamo tutti interconnessi, che i reticoli della storia si ripetono nel momento in cui non riusciamo a spezzarne i meccanismi più bui. Il suo è un richiamo a una responsabilità individuale che nel nostro piccolo può essere la più efficace premessa per la costruzione di una pace collettiva.
Sergei Loznitsa
Nato nel 1964 in Biellorussia, Loznitsa si forma fra Kiev e Mosca, studiando all’Istituto di Cinematografia Gerasomov. È un regista da sempre a cavallo fra documentario e finzione, capace di metterci faccia a faccia con le pagine più buie della Storia contemporanea in toni e registri che vanno dal drammatico alla commedia più nera e spietata (e per questo anche molto divertente). I suoi film sono mossi dall’urgenza di porre lo spettatore davanti a una consapevolezza personale e collettiva che spesso ci sfugge – o da cui, meglio, vogliamo fuggire.
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