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SCOPRI I FILM DEL CONCORSO INTERNAZIONALE FMK2025
È il momento di scoprire i titoli del Concorso Internazionale di questa edizione di Filmmaker. Sono tredici i titoli, tutti in anteprima italiana o mondiale, che intrecciano generi, linguaggi, vissuti e accolgono la sfida che attraversa l'intera programmazione del Festival: una forma capace di confrontarsi con le domande del presente.
Ogni autrice e autore traccia un segmento di un'ideale mappa del nostro tempo che esplora le guerre in corso, i femminismi e le questioni di genere, l'ecologia e i fenomeni migratori, la ricerca di una società più giusta e inclusiva a partire dall'invenzione di una politica del cinema – prima che di un cinema politico. Ecco qui i titoli:
- Paul, Denis Coté – prima italiana - Nuit obscure-Ain't I a Child? Sylvain George – prima italiana - Mater Insula, Fatima Bianchi – prima mondiale - L'albero di trasmissione 2-La vendetta, Fabrizio Bellomo – prima mondiale - Tales of the Wounded Land, Abbas Fadhel- prima italiana - The Vanishing Point, Bani Khoshnoudi – prima italiana - Mare's Nest, Ben Rivers – prima italiana - Morgenkreis, Basma Alsharif – prima italiana - Little Boy, James Benning – prima italiana - Afterlives, Kevin B. Lee – prima italiana - As Estaçoes, Maureen Fazendeiro – prima italiana - Di notte, Anouk Chambaz – prima mondiale - Merging Bodies, Adrian Paci – prima italiana
Il corpo delle donne come campo di battaglia dalla traumatica rivoluzione khomeinista nel 1979 a oggi è al centro di The Vanishing Point della regista e artista iraniana – con base a Parigi – Bani Khoshnoudi. Muovendosi intorno a un “tabù” famigliare - la vicenda della cugina uccisa in carcere dal regime - il film arriva fino a oggi, al movimento Donna Vita Libertà che ha riportato iraniane e iraniani a chiederne la fine. Le questioni di genere risuonano in Mater Insula di Fatima Bianchi - uno dei due titoli italiani della sezione, in prima mondiale – in cui la regista mette al centro l'esperienza della maternità nelle sue complessità insondabili. Cinque donne sono riunite in uno studio di registrazione e parlano liberamente del proprio vissuto di donna e di madre. Anouk Chambaz, artista e videomaker, esplora in Di notte le memorie infantili e i loro traumi. Un film sulla frontiera geografica e delle immagini.
Che cinema fare ai tempi di Gaza? Con questa domanda, che riecheggia negli immaginari sensibili attuali si confronta Abbas Fahdel, iracheno, autore nel 2015 di Homeland: Iraq Year Zero definito dalla autorevole rivista “Sight and Sound” uno dei dieci documentari del millennio. Tales of The Wounded Land, premio della Giuria allo scorso festival di Locarno, è un diario che narra a partire dal vissuto del regista l'attacco di Israele al Libano, dove abita con la moglie e la figlioletta. Quest'ultima diviene lo sguardo narrante: è attraverso le sue emozioni che seguiamo la loro fuga, il ritorno dopo l’intermittente cessate il fuoco, la devastazione e il dolore degli abitanti e dei luoghi. Una forma personale che si fa espressione di un trauma collettivo.
È invece il paesaggio degli Stati Uniti – sociale e politico – che indaga James Benning, filmmaker e artista americano in Little Boy. Il titolo, ispirato al nome della bomba sganciata su Hiroshima nel 1945 dagli americani, ne traccia una storia attraverso i discorsi dei presidenti Usa, da Eisenhower a Trump.
Ci pone domande estremamente attuali Kevin B.Lee in After lives, un desktop film che si mescola al video essay per indagare la rappresentazione della violenza contemporanea. Mentre Adrian Paci, artista con la passione per le immagini in movimento, esplora in Merging Bodies la tensione fra il corpo degli operai, la materia e il ritmo della fabbrica in una idea di “reincantamento” della propria attività quotidiana.
Le distopie delle emozioni sono la materia su cui lavora Denis Coté in Paul. Il pluripremiato registadel Quebec si relaziona con un ragazzo sovrappeso e depresso che ha trovato la sua dimensione nel nickname social con cui si propone come “slave”. Storia di una rinascita che interroga un sentimento comune: cosa è reale? ciò che siamo o ciò che mostriamo? Parlano di migrazioni i lavori di Sylvain George (Nuit obscure- Ain't I a Child?) e di Basma al-Sharif (Morgenkreis). Nel primo, che conclude la trilogia Nuit obscure, il cineasta francese ritrova i ragazzi che ha filmato per diversi anni a Melilla a Parigi, dove le loro strategie di sopravvivenza rivelano la crisi delle democrazie europee. La stessa messa in evidenza da al-Sharif, di origini palestinesi, oggi a Berlino, nella vicenda di un padre e di un figlio in Germania alle prese col questionario Come sarebbe un mondo senza adulti? Prova a immaginarlo Ben Rivers in Mare's Nest. Dopo un'apocalisse sono rimasti soltanto i bambini, anche il linguaggio è mutato, forse è possibile ripartire verso un futuro di pace. Ispirato a un racconto di Don De Lillo.
L'invenzione di un territorio modula la narrazione di Maureen Fazendeiro nel suo lungometraggio di esordio, As Estaçoes (Le stagioni). Girato nell'Alentejo, in Portogallo, in 35 mm, ritrova le tracce della Rivoluzione portoghese del 25 aprile, i miti, le leggende di una terra e dei suoi abitanti, le contraddizioni del presente. Un “film di archeologia” attraverso il ciclo delle quattro stagioni. Bari ieri e oggi, le incessanti gentrificazioni. Nel ritorno ai personaggi del suo film di undici anni fa Fabrizio Bellomo con L'albero di trasmissione 2 – La vendetta - secondo titolo italiano del concorso in prima mondiale - indaga le trasformazioni forzate di un quartiere e dei suoi abitanti.
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