DATA - ORA
CINEMA
Biglietti
Francia, Germania, Cipro, Israele | 2025
4K | Colore | 149'
V.O. Ebraico
REGIA
Nadav Lapid
SCENEGGIATURA
Nadav Lapid
FOTOGRAFIA
Shai Goldman
MONTAGGIO
Nili Feller
SUONO
Moti Hefetz
Aviv Aldema
Adrien Baumeister
INTERPRETI
Ariel Bronz,Efrat Dor, Naama Preis
PRODUZIONE
Les Films du Bal, Chi-Fou Mi Productions
CONTATTI
Les Films du Losange
www.filmsdulosange.com

Y. è un musicista jazz, la sua compagna Yasmine una danzatrice, amano divertirsi, frequentare le feste “esclusive” di Tel Aviv, stare incollati ai potenti, ai soldi per dire sempre di sì. Yes come l'iniziale del suo nome. Non a caso. Insieme si vendono arte anima e corpo, risucchiati nel vortice di una perenne eccitazione, un hangover stridente di acquiescenza a cui si abbandonano con gioia e senza apparente turbamento. Al figlioletto di pochi mesi Y. ripete: “La sottomissione è felicità”. Così quando, all'indomani del 7 ottobre, gli chiedono di comporre un nuovo inno che celebri il genocidio a Gaza e la grandezza di Israele dice di nuovo di sì.
Nadav Lapid, voce di un dissenso aspro, non amato nel suo Paese e oggi in posizione scomoda anche fuori, dichiara qui in modo radicale il proprio rifiuto verso Israele e la sua politica genocidaria ma soprattutto mette a nudo l'intera società israeliana. Il suo è un racconto dall'interno del Paese dopo il 7 ottobre che ne svela l'oscenità di una costante indifferenza, che interroga non solo gli artisti e la loro mancata assunzione di posizioni critiche (se non il servilismo) ma anche tutti coloro che pur non identificandosi con la retorica guerrafondaia davanti alle news da Gaza - come fanno i due protagonisti – preferiscono pensare ad altro. Magari alla spiaggia o alla prossima festa.
La questione è posta con chiarezza: come girare un film in Israele oggi, come essere artista, regista, dentro l’orrore di un paese responsabile di un genocidio, del massacro quotidiano di migliaia e migliaia di palestinesi, della cancellazione di Gaza? Non si tratta di riflessioni teoriche ma di scelte fondamentali. Fare un film nel fascismo quotidiano esige una scelta di campo con cui replicare a questa realtà che ha reso l'apartheid, l'occupazione, il genocidio parte della “normalità” quotidiana. E col suo cinema punk che non teme gli eccessi, Lapid ne accetta la responsabilità senza compromessi.
— Cristina Piccino
Nadav Lapid (Tel Aviv, 1975) esordisce nel cinema con tre cortometraggi – Protect Gvul (2004); Kvish (2005); Emile's Girlfriend (2007). Negli stessi anni pubblica dei racconti, lavora come critico letterario e come giornalista sportivo prima di arrivare nel 2007 in residenza alla Cinéfondation del festival di Cannes dove sviluppa la sceneggiatura del suo primo lungometraggio: The Policeman (2011). Presentato al festival di Locarno vince il Premio della Giuria. Il successivo, The Kindergarten Teacher (2014) è selezionato alla Semaine de la Critique del festival di Cannes, mentre Synonyms (2019) è premiato con l'Orso d'oro alla Berlinale. Torna a Cannes, nel Concorso internazionale, con Ahed Knee's per il quale riceve il Premio della Giuria.
Yes (2025) è stato presentato in anteprima alla Quinzaine des Cinéastes.
Nadav Lapid vive e lavora a Parigi.