Cookie Consent by Privacy Policies Generator website FilmMakerFest - THE VANISHING POINT di Bani Khoshnoudi
15 - 23
NOVEMBRE 2025
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CONCORSO INTERNAZIONALE
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THE VANISHING POINT di Bani Khoshnoudi

Giovedì 20 novembre — 19.30

Cineteca Arlecchino

Biglietti


Iran, Francia, Stati Uniti | 2025
Super8, 16 mm, Video | Colore | 104’
V.O. Farsi, Inglese


REGIA
Bani Khoshnoudi

SCENEGGIATURA
Bani Khoshnoudi

FOTOGRAFIA
Bani Khoshnoudi e fonti anonime

MONTAGGIO
Claire Atherton

SUONO
Éric Lesachet

PRODUZIONE
Pensée Sauvage Films,
KinoElektron

PRODUTTORI
Bani Khoshnoudi,
Janja Kralj

CONTATTI
info@penseesauvagefilms.com

 
THE VANISHING POINT di Bani Khoshnoudi

Il corpo delle donne, tra intimità dei ricordi e corso della storia, è come non mai un campo di battaglia in The Vanishing Point. L’Iran, con la traumatica rivoluzione del 1979 - che la zia della regista ha il coraggio di chiamare «merdoluzione» - ha infatti legato le trasformazioni della società ad una biopolitica della sfera pubblica come forse nessun altro Stato. Ecco allora che l’album di famiglia mostra giovani studentesse a capo scoperto e con i collant, mentre oggi le strade di Teheran sono pattugliate dalla polizia morale, pronte a segnalare comportamenti e vestiari inappropriati. La repressione di quella libertà è stata brutale, in molte hanno pagato nel carcere dei detenuti politici di Evin, divenuto noto anche in Italia per registi e giornaliste lì rinchiusi. 

Anche Bani Khoshnoudi ha lasciato qualcuno in quella galera: la giovane cugina di sua madre, Nasnine, rinchiusa e uccisa nel silenzio. The Vanishing Point è un modo per ricordarla, e per mostrare come la sua lotta non sia finita. Il movimento Donna Vita Libertà ha riportato per le strade iraniane e iraniani, per reclamare le proprie libertà e chiedere la fine del regime. La regista aveva già dato voce alle proteste del Green Movement, legato alle elezioni del 2009, nel film The Silent Majority Speaks: diffuso clandestinamente, da allora le è impossibile tornare in Iran. Con quel lavoro vi è un legame diretto nell’utilizzo del materiale girato per le strade, ma stavolta quello di Khoshnoudi è uno sguardo dalla distanza dell’esilio, che si affida all’enorme mole di video postati sui social network da attivisti e attiviste, rendendo l’opera aperta al flusso della rete che tanto ha inciso nell’organizzazione del movimento. Il privato della regista lascia posto così alla testimonianza, con formati e qualità variabili ma con la caratteristica dell’immediatezza, dove i cori si alternano al fuoco e ai tanti murales che puntano il dito contro il potere invocando un altro modo di vivere, qui e ora. Il cinema si mette al servizio della storia, senza perdere il punto di vista di uno sguardo situato e desiderante.


— Lucrezia Ercolani

 



Bani Khoshnoudi (Teheran, 1977) realizza documentari e film di finzione, oltre a progetti di arte visiva e fotografia. Il suo lavoro esplora la storia della modernità in Iran, nonché le esperienze legate all'esilio e alla migrazione. Il suo saggio documentario del 2009, The Silent Majority Speaks, vietato in Libano e in Iran, è un affresco politico su 100 anni di rivolta politica in Iran che è stato incluso nel progetto espositivo di Georges Didi-Huberman, Uprisings per il Museo Jeu de Paume, ed è stato definito da Nicole Brenez come uno dei dieci film essenziali del secolo. Il suo lungometraggio di finzione del 2019, Fireflies, è stato girato in Messico e ha vinto il premio HBO Best Ibero-American Feature al Miami International Film Festival. Nel 2022 le è stato assegnato il prestigioso Herb Alpert Award for the Arts for Film and Video e il suo lavoro è stato presentato nella mostra principale della 60a Biennale di Venezia, Foreigners Everywhere, curata da Adriano Pedrosa. Il suo ultimo documentario, The Vanishing Point, è stato presentato in anteprima a Visions du Réel e ha vinto il Premio della Giuria nella Burning Lights Competition. Dal 2009, Bani divide il suo tempo tra Città del Messico e Parigi.

 

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