Lunedì 17 novembre — 21.15
Cineteca Arlecchino
Biglietti
USA | 2024
2K | Colore | 74’
V.O. Inglese
REGIA
James Benning
FOTOGRAFIA
James Benning
MONTAGGIO
James Benning
PRODUTTORE
James Benning
CONTATTI
dylan@neugerriemschneider.com

Una genealogia degli Stati Uniti d’America è la sfida che, con sempre maggiore convinzione, James Benning sembra aver scelto per il suo cinema. Dopo la geografia, sospesa tra realtà e immaginazione, di The United States of America (2022, in concorso a Filmmaker) e il territorio plasmato dal razzismo di Allensworth (2024) il regista di Milwaukee è tornato affidandosi alla scelta di «discorsi», più o meno celebri, che delineano la traiettoria di una nazione, dove tutto sembra cambiare per rimanere lo stesso.
Al momento di congedarsi dal ruolo di presidente, Eisenhower dava voce a un ritornello che tanto risuona anche oggi: bisogna armarsi per mantenere la pace e la grandezza del Paese. E poi la propaganda vergognosa per la segregazione razziale, lo sfruttamento dei lavoratori ispanici, il nodo irrisolto del Medio oriente, su cui Hillary Clinton arriverà ad ammettere: la radicalizzazione è anche colpa nostra. E ancora le questioni più recenti, il futuro rubato dalla crisi climatica e Trump al potere. Un affresco di conflittualità, di cui Benning, nato nel 1942, è testimone e custode. Un flusso uditivo che trova il suo contraltare visivo in un’operazione in sé enigmatica, la costruzione di modellini di edifici. Come sempre Benning non offre un’interpretazione esplicita dei suoi congegni filmici, ma prevede il tempo necessario affinché lo spettatore possa osservare, metabolizzare e infine fare proprio il film. In Little Boy è l’atto del costruire ad essere centrale: l’essere umano ha sviluppato tecniche sofisticate per dare vita ai suoi rifugi, alle sue industrie, alle sue nazioni, e da un certo momento in poi anche alla propria autodistruzione. È una mimesi di quanto compiva già la natura, come suggerisce l’architettura scheletrica di un dinosauro nel primo quadro del film. Allora forse l’invenzione di “Little boy”, la bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945, può essere letta come l’ennesima era glaciale a cui inconsciamente il tutto anela? In questa visione pessimista, le canzoni che di volta in volta accompagnano i modellini costruiti dallo stesso regista - dove i pezzi collimano come in un cubo di Rubik - sono una boccata d’aria fresca, un’apertura verso il “fuori”, una pausa necessaria del perenne scontro politico a cui non possiamo sottrarci.
— Lucrezia Ercolani
James Benning (Milwaukee, 1942), ha studiato e insegnato matematica prima di girare il suo primo film nel 1971. Artista da sempre indipendente, il suo lavoro si situa nel solco delle avanguardie e in particolare del cinema strutturale. La sua opera dialoga fin da principio con la cultura popolare e folk americana (One Way Boogie Woogie, 1977). I primi film sono incentrati sul rapporto tra la durata delle bobine della sua Bolex 16mm e la temporalità che può essere imposta dal soggetto dell’inquadratura (RR 2007, 13 lakes 2004). Il digitale (a partire da Ruhr, 2009) imprime una svolta al suo modo di lavorare, consentendo delle durate molto più libere e provocando la ricerca di nuove strutture su lavori girati in precedenza (Faces, Easy Rider, United States of America). I lavori e le esposizioni video di James Benning sono stati supportati, acquisiti e ospitati in diversi festival, musei e luoghi d'arte del mondo intero.