Lunedi 18 novembre — 21.30
ARCOBALENO FILM CENTER - Sala 2
PRIMA ITALIANA
Filippine, Germania, 2024
35 mm, B/N, Colore, 73'
V.O. Senza dialoghi
Regia
Khavn
Sceneggiatura
Khavn, Homer Novicio
Fotografia
Albert Banzon, Jippy Pascua
Montaggio
Furan Guillermo
Suono
Diego Mapa
Interpreti
Lilith Stangenberg, John Lloyd Cruz, Khavn, Lav Diaz
Musiche
David Toop, Khavn, The Kontra-Kino Orchestra
Produzione
Kamias Overground, Rapid Eye Movement
Produttori
Achinette Villamor, Stephan Holl, Antoinette Köster, Khavn
Contatti
info@rapideyemovies.de
Un omaggio a un cinema scomparso, un atto di denuncia, un gioco e un esempio di sapienza tecnica: tutto questo è Makamisa: Phantasm of Revenge. Khavn si è ispirato al libro mai finito da José Rizal, intellettuale rivoluzionario del XIX secolo che si opponeva alla colonizzazione spagnola nelle Filippine. Makamisa doveva essere il suo terzo romanzo e, ancora più dei precedenti, si concentrava sul ruolo del clero cattolico rispetto alla violenza perpetrata verso la popolazione indigena. Rizal non poté finirlo, fu giustiziato prima del tempo. Ma le sue parole sono sopravvissute e dal “fantasma” di Makamisa prende forma il nuovo lavoro di Khavn, nato a sua volta da uno spettacolo teatrale commissionato dalla Volksbühne di Berlino.
Per realizzarlo, il regista ha scelto di fare un falso, un film muto che guarda alla cinematografia di inizio XX secolo – un’epoca di cui nelle Filippine non c’è traccia, gli archivi sono inesistenti e tutto è andato perduto. I cartelli sono in baybayin, il sistema di scrittura utilizzato prima dell’arrivo degli spagnoli. L’approccio, però, è quello della sperimentazione (con una chiara ispirazione a Brakhage): non c’è alcuna post-produzione, il viaggio lisergico di Makamisa è stato realizzato manipolando direttamente la pellicola 35 mm, con girato su bobine Fuji scadute.
Nel deserto distante tre ore da Manila, ritroviamo alcuni topoi del cinema di Khavn, tra cui la forza e la libertà del gioco dei bambini. Lo stesso regista veste i panni di un sacerdote, e appare anche Lav Diaz: è la “no wave” del cinema filippino. Ma se i film di Khavn sono stati, per lungo tempo, un inno al “qui e ora” – e anche al “no future” dei punks, con la musica che ha sempre un ruolo fondamentale nel rendere le immagini ancora più abrasive – negli ultimi anni il regista si sta rivolgendo al passato, alla storia degli artisti filippini, come testimonia anche il film dedicato a Lino Brocka. Un’esplorazione che procede per “forze intensive” piuttosto che per documentazione fedele, dove lo scopo è incidere su una pellicola l’incontro con quelle tracce, prendendo il gioco davvero sul serio.
— Lucrezia Ercolani
Khavn De La Cruz (Quezon City, 1973) è un regista, scrittore, pianista, cantautore e compositore filippino. Dal 1994 ha diretto oltre 300 film, tra cui Squatterpunk (2006), Manila in the Fangs of Darkness (2008) e ha collaborato con Alexander Kluge in film come Orphea (2020) e Happy Lamento (2018). Dal 2002 al 2011 è stato direttore del MOV International Film, Music and Literature Festival. È stato membro della giuria di numerosi festival, tra cui la Berlinale e il Festival di Lipsia. Ha esposto al MoMA, al MAXXI, al Guggenheim Museum, alla Tate Modern, al Museo Reina Sofia, al National Museum of Singapore e alla Biennale di Architettura di Venezia; ha curato programmi per la Viennale, l'Edinburgh International Film Festival e la Biennale di Sharjah. Cruz risiede a “Mondomanila” con la moglie, i suoi cinque figli e quattro gatti.