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FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CINEMA DAL 1980
17 NOVEMBRE - 27 NOVEMBRE 2023
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CONCORSO INTERNAZIONALE
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LAST THINGS di Deborah Stratman

mercoledì 22 novembre

CINETECA MILANO ARLECCHINO, ore 21.30

 

prima italiana

 

Francia, Usa, Portogallo, 2023
16mm, colore, 50'
V.O. Francese, Inglese

 

REGIA
Deborah Stratman

FOTOGRAFIA
Deborah Stratman

MONTAGGIO
Deborah Stratman

SUONO
Simon Apostolou

VOCI NARRANTI
Valérie Massadian
Marcia Bjørnerud

PRODUZIONE
Pythagoras Film
Stenar Projects
Elinka Films

PRODUTTORI
Deborah Stratman
Anže Peršin
Gaëlle Boucand

CONTATTI
delta@pythagorasfilm.com
elinkafilms@gmail.com

LAST THINGS di Deborah Stratman

Si può raccontare la Terra, la sua storia, il suo futuro unicamente dal punto di vista delle pietre? A partire da questa domanda, implicita a una ricerca artistica in cui i limiti tra storico e politico, primordiale e moderno si fondono costantemente gli uni con gli altri, Stratman realizza una indagine sul nostro pianeta che mette da parte l'umano e l'animale per adottare la prospettiva delle rocce. Saranno quegli organismi di cristalli e minerali che erano già presenti prima di noi e che continueranno a sopravviverci i riferimenti nella biosfera per affrontare l'idea di evoluzione e di estinzione rispetto alle quali, appunto, l'umano esce dal quadro. I monumenti e i luoghi si fanno così opere d'arte che agiscono in modo autonomo, non più in attesa di una rappresentazione, sono macchine rituali e culturali che superano la storia per modellare la nostra soggettività. In questa personalissima cosmogonia (e cosmologia) poesia, scienza, geologia si svelano nelle potenti immagini che spaziano dalle forme del microscopio ai vasti paesaggi; un movimento che dalla rappresentazione delle pietre passa a una epifania lunare, plana in fondo agli oceani e nello spazio infinito mescolando forme e intuizioni, quasi a affermare nella sua stessa trama il principio contenuto nella prima frase, ispirata a Claire Lispector: “All the world began with a yes”. A guidarci - o forse a confondere ancora di più i “punti cardinali” della nostra geografia mentale del mondo - ci sono due voci off. Una è quella della geologa Marcia Bjørnerud per la quale ogni pietra è un archivio con una storia che va al di là di noi, che si deve imparare a leggere per capire le moltitudini temporali parallele alla nostra esistenza. L'altra voce è quella della regista francese Valérie Massadian che recita un racconto ispirato a due novelle di J.H Rosny, pseudonimo dei fratelli Boex, in cui si immaginano degli extraterrestri metà minerali e metà geometrici. È lungo questi bordi, e tra le loro cesure, che il gesto artistico di Stratman come una cometa, traccia uno spazio e un tempo in cui si afferma un senso delle cose tutto da scoprire, dove la dimensione scientifica diviene poetica, e nel passaggio dal minuscolo all'infinitamente grande, il mondo appare nella sua temporalità e nella sua fragile finitezza. (Cristina Piccino)

 

Deborah Stratman (Washington D.C., 1967) è un'artista e filmmaker. Le sue opere sono state presentate nelle principali istituzioni d'arte come il MoMa, il Centre Pompidou, PS1, e hanno preso parte a numerosi festival internazionali tra cui il Sundance, la Berlinale, il Festival di Rotterdam, la Viennale. Nella sua ricerca artistica indaga le questioni legate al potere, al controllo, all'esodo, alla libertà, alla sorellanza ma anche all'evoluzione e all'estinzione, ai rapaci e alle comete esplorando i modi in cui luoghi, idee e società si intrecciano e si contaminano. Tra i suoi lavori più recenti: The Illinois Parables (2016); Xenoi (2017); Siege (2018); Vever (for Barbara) (2019); For the Time Being (2021)Laika (2021). Insegna alla Illinois University di Chicago, la città dove vive.

 

 

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