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BEING IN A PLACE – A PORTRAIT OF MARGARET TAIT di Luke Fowler

venerdì 24 novembre

CINETECA MILANO ARLECCHINO
ore 21.30

 

prima italiana

 

 

Regno Unito, 2022

16 mm, colore e b/n, 61’

V.O. Inglese


 

REGIA

Luke Fowler

 

SCENEGGIATURA

Luke Fowler

Margaret Tait

 

FOTOGRAFIA

Luke Fowler

Peter Todd

 

MONTAGGIO

Luke Fowler

 

SUONO

Lee Patterson

Luke Fowler

Sarah Neely

Louise Barrington

 

MUSICHE

Lionel Marchetti

Lee Patterson

Donald W. Lindsay

 

PRODUTTORI

Luke Fowler

Sarah Neely

 

CONTATTI

sarah.neely@glasgow.ac.uk

luke@luke-fowler.com

BEING IN A PLACE – A PORTRAIT OF MARGARET TAIT di Luke Fowler

Una speciale densità evocativa appartiene alle immagini di questo film, ritratto della regista e poeta Margaret Tait per mezzo della sua stessa arte. Una tela di molteplici rimandi funziona da struttura: quella del “ritratto” era una forma filmica più volte praticata da Tait; lei e il regista Luke Fowler sono entrambi scozzesi, e radicano nel territorio la propria ricerca; tutti e due sono degli sperimentatori che ambiscono allo status artistico del fare cinema, situandosi ai margini dell’industria. Ma prima di tutto ciò, ad incantare in Being in a Place – A Portrait of Margaret Tait è la ricchezza animica di quei paesaggi, ripresi su pellicola 16 mm, in parte dalla stessa Tait per un film mai completato, in parte da Fowler che per diverse volte si è recato sulle isole Orcadi, al nord della Scozia, dove la regista viveva. E il luogo, come recita il titolo del film, non è certo indifferente: tutto sta nel sentire la poesia racchiusa nell’esistenza e nell’espressione degli elementi, e riuscire poi a condensarla sulla pellicola. La regista spiega di non filmare proprio nelle vicinanze della sua casa, ma di spostarsi in altri territori della Scozia, mai troppo lontano, quel tanto che basta per sentire il necessario déplacement. In questo contesto l’umano è un essere tra gli altri, non predomina, talvolta commuove per il fatto, semplicemente, di trovarsi lì, fragile ma in vita. Fowler, che già aveva dedicato un corto a Tait, scomparsa nel 1999, per il centenario dalla sua nascita nel 2019, cerca le testimonianze di quelli che l’hanno conosciuta, ma la regista sembra sempre eludere le definizioni altrui. Possiamo trovarla però nella sua stessa voce – che fa da guida in questo viaggio non conclusivo – come il contrario del compiacere: nessuna recitazione, nessuna enfasi, pura realtà dell’esserci. (Lucrezia Ercolani)

 

Luke Fowler (Glasgow, 1978) è un artista, regista e musicista. Ha studiato incisione al Duncan of Jordanstone College of Art and Design a Dundee. Numerose le sue esposizioni in Europa, dalle retrospettive alla Serpentine Gallery, presso IMO a Copenaghen, al Kunsthaus di Zurigo fino alla partecipazione al British Art Show 7 alla Hayward Gallery (2011). I suoi film in 16 mm sono spesso ritratti di esperimenti sociali radicali del passato come What You See is Where You Are At (2001) sulla Kingsley Hall negli anni ’60, Pilgrimage From Scattered Points (2006) su Cornelius Cardew e la Scratch Orchestra, All Divided Selves (2011) sullo psichiatra scozzese RD Laing. Nel 2019 il suo corto Mum’s Card ha vinto lo Scottish Short Film Award. Diversi suoi film sono stati presentati al Festival del cinema di Rotterdam, tra cui l’opera divisa in tre parti A Grammar for Listening, in collaborazione con Eric La Casa, Lee Patterson e Toshiya Tsunda. È stato fra gli artisti della Tate Triennial nel 2006, nel 2008 ha vinto il primo Jarman Award e nel 2010 il Contemporary Art Society Annual Award for Museums. 

 

 

 

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